Tre cose su formazione e lavoro per i giovani.

La prima riguarda il rapporto tra formazione e territorio, perché noi dei territori non ci dimenticheremo. Organizzeremo l’istruzione e la formazione professionale secondo Reti Formative di Filiera, fondate sulla vocazione produttiva dei territori. Lavoreremo per aprire e moltiplicare la rete degli Istituti tecnici superiori, pensati e gestiti con le imprese, sul modello tedesco. E ci batteremo a fianco delle nostre università: per la loro autonomia e la loro competitività a livello internazionale, anche attraverso un maggiore investimento della Regione nella ricerca.

La seconda è che noi favoriremo strumenti come l’apprendistato, perché l’apprendistato è il pilastro portante di un sistema che integra istruzione e lavoro, ed è un vero contratto, con i contributi previdenziali di oggi che vogliono dire la pensione di domani. E’, insomma, un “vero” ingresso nel mondo del lavoro.

La terza riguarda i tirocini, che oggi rappresentano lo sbocco di quasi la metà degli inserimenti dei programmi di Regione Lombardia. Ebbene, noi combatteremo concretamente contro gli abusi dei finti stage.  Oggi vediamo offerte di tirocinio per posti di commessi o banconisti in negozio. Questi sono lavori, non stage, pagati 400 o 500 euro al mese senza contributi. Questo per noi è inaccettabile. I tirocini devono servire per completare un percorso formativo, non come alternativa a basso costo rispetto al lavoro dipendente o all’apprendistato.

Qualche cosa non funziona se importiamo braccia ed esportiamo cervelli.

I giovani in Lombardia.

Meno del 20% dei lombardi, tra i 25 e i 54 anni, ha una laurea. I vicini di casa svizzeri sono al 40%. Ci superano anche Spagna, Grecia e Portogallo. Mentre la media europea è sopra il 30%. Possiamo definirci davvero eccellenti con questi termini di paragone? E cosa raccontiamo ai pochi giovani lombardi che, dopo la laurea, se ne vanno all’estero? Qualche cosa non funziona se importiamo braccia ed esportiamo cervelli.

Alcuni dati

Il 20% dei giovani lombardi di età compresa tra 18 e 24 anni non studia né lavora. La media europea è del 15,2%. E se non ci fermiamo alla media del pollo, scopriamo che ci battono nettamente non solo Paesi come Germania, Olanda, Svizzera, con dati tra il 6 e il 9%, ma anche il Portogallo (14,9%), la Polonia (14,1%), la Spagna (19,1%). Perfino Malta ci surclassa (8,4%). E anche in Italia non siamo primi: contro il nostro 19,9% c’è il 16% delle regioni del Nord Est e dell’Emilia Romagna, altro che “eccellenza”!

Giovani che non studiano e non lavorano. Possiamo parlare di grave problema? Di un problema che evidentemente non viene affrontato come dovrebbe?

Possiamo dire che quanto è stato promosso e sbandierato come un successo – e parlo della garanzia giovani, della dote unica lavoro – ha bisogno di un bel tagliando? Ecco, noi quel tagliando, al governo della Regione Lombardia, ci impegniamo a farlo.

E ancora sui giovani e sull’istruzione: in Lombardia il 12,7% lascia la scuola prima di compiere il ciclo dell’obbligo. Anche qui non siamo l’eccellenza italiana, visto che ci battono le regioni del Nord Est e del Centro. E guardando all’Europa anche qui scopriamo che non solo facciamo peggio di Paesi come Germania, Francia e Regno Unito, ma che perfino la Grecia e Cipro ci superano. Eccellenza? Però se vogliamo consolarci con la logica deteriore dell’“abbastanza”, possiamo sempre dire che siamo meglio della media italiana e che battiamo alla grande la Turchia.

Da noi in Lombardia, nella fascia 25-54 anni, meno del 20% delle persone ha una formazione di livello universitario. E’ un dato che ci colloca tra i fanalini di coda nell’intera Europa. Pensiamoci: noi a meno del 20%. La media europea sopra il 30%. Paesi di vera eccellenza, come la vicina Svizzera, sopra il 40%. Nel campo della formazione universitaria ci battono anche Spagna, Portogallo, Grecia, Cipro e Malta. E se pensiamo che i nostri pochi laureati lombardi negli ultimi anni sono costretti a scegliere sempre di più la strada dell’emigrazione, perché non riescono a trovare un futuro, dobbiamo con onesta chiederci: è eccellenza questa?

Non voglio banalizzare sul tema complesso dei flussi migratori, ma lasciatemi dire che comunque la si pensi un Paese e una regione che importano braccia ed esportano cervelli qualche problema lo hanno. Ed è un problema di modello di sviluppo, al quale la politica e l’azione pubblica devono dare una risposta.


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